10/09/07

«La 194 non si tocca»

In Italia non si può parlare di aborto. Pare che l'unico commento ammesso sulla legge per l'interruzione di gravidanza sia: «La 194 non si tocca». Questo ripetono instancabilmente politici e ministri, con la soddisfazione di dire la cosa giusta, con la sicurezza di stare al caldo, protetti dal guscio del conformismo benpensante. Affermare che «la 194 non si tocca» è la risposta a qualunque domanda, ma soprattutto ripropone uno schema interpretativo di confortante banalità: cattolici contro la legge, laici a favore. Che i cattolici siano contrari all'aborto, è ovvio. Ma che siano ancora sul piede di guerra, pronti in ogni momento a chiedere l'abrogazione o la modifica di una legge confermata da un referendum popolare, è assai meno scontato.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=204476

Accanimento puro

  • ha gravi controindicazioni
  • è più molto pericolosa dell'aborto chirurgico, in alcuni casi letale anche per la madre
  • nella maggioranza dei casi chi la assume deve rientrare in ospedale per le copiose perdite emorragiche
  • nel caso la madre cambi idea e decida di tenere il bimbo che ha in grembo ma abbia già assunto la pillola... non può far altro che aspettare la morte di quest'ultimo

Ma la regione Piemonte decide di sperimentare la ru486. Quanto pensa di risparmiare la Mercedes Bresso?

L'aborto è morte per il piccolo e devastazione psichica per la madre. Solo i cattolici sono rimasti a dire la verità?



http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_10961.pdf

dibattito

È ripartito in Italia il dibattito sull’aborto e sulla legge 194. È un fatto molto positivo, perché significa che dopo quasi trent’anni di aborto di Stato, la ferita non si è ancora rimarginata. Chi sperava di mettere una pietra tombale sulle istanze dei più deboli e indifesi, quei nascituri che non votano e non rilasciano interviste, dovrà rassegnarsi.

http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2693

05/09/07

Scuola di Biopolitica "Holly Patterson" Firenze 20 Ottobre 2007

2° EdizioneOrganizzata da: "SAFE Salute Femminile" "Medicina e Persona-Toscana" "Centro Culturale di Firenze"

Abbiamo scelto di intitolare la scuola a Holly Patterson, la ragazza morta in seguito all'uso della pillola abortiva RU486, per rendere esplicito il metodo che intendiamo seguire. Si tratta di partire dalla vita concreta, dagli eventi quotidiani, per mostrare come la scienza, se interrogata non strumentalmente ma con onestà, è alleata della vita umana e della ragione.
Inoltre il caso di Holly dimostra come le battaglie di biopolitica possano essere condotte con successo direttamente dai cittadini (nel caso della giovane americana dal padre), e non soltanto da esperti e da politici

Programma dettagliato: http://www.ccdf.it/detail.asp?idn=2926

Credetemi, un figlio down non è una tragedia

Credetemi, un figlio down non è una tragedia

il mondo deve continuare

Un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo deve continuare.
(Carl Sandburg)

La Turco: legge saggia, le interruzioni sono diminuite

In 30 anni quella legge ha provocato circa cinque (5!) milioni di vittime. Una legge dunque che funziona - per la signora sedicente cattolica - e che soprattutto è applicata alla perfezione nelle parti che riguardono la prevenzione.
Dopo aver letto l'intervista mi chiedo: ma che ha sugli occhi?

http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_10935.pdf

la legge 194 per intero:
http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/l194_78.html

Purtroppo nella grande maggioranza dei casi la L. 194/78 è stata interpretata non solo come una rinuncia a vietare l’aborto, ma anche come rinuncia a difendere il diritto alla vita. Ne è prova una concezione della prevenzione che la riduce alla prevenzione dei concepimenti e che pertanto ritiene inevitabile l’I.V.G. in qualsiasi situazione di gravidanza non desiderata.

Sarebbe già iniqua se fosse applicata correttamente, poi nella realtà dei fatti è anche peggio.
La violenza sugli inermi non si ferma.

Ruini: legge 194 modifica doverosa

Modificare la legge 194? «Non solo è lecito ma anche doveroso», visto che si tratta di una legge di quasi 30 anni fa e che da allora la medicina ha fatto enormi passi avanti. Il cardinale Camillo Ruini, prende posizione su una questione che ha suscitato tante polemiche nei giorni scorsi dopo il caso di aborto selettivo a Milano.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=203835

04/09/07

L'unica legge è il desiderio?

Fra i tanti cartelli che le neo-vetero-femministe hanno esposto durante la manifestazione di Milano "Usciamo dal silenzio", in difesa della legge 194, ce ne era uno - fra i più piccoli eppure fra i più significativi - su cui stava scritto: «L'unica legge è il desiderio». Bingo. In poche parole quel manifesto ha riassunto e spiegato qual è il problema in atto sull'aborto

http://www.tempi.it/archivio_dett.aspx?idarchivio=9267


1G of lifes aborted and counting...

I morti causati dai regimi totalitari e dagli innumerevoli conflitti armati che hanno insaguinato il Novecento sarebbero circa 200 milioni.
Eppure c'è una strage - tuttora in corso - che ha prodotto oltre un miliardo di vittime e di cui nessuno oggi vuole parlare: l'aborto. In maniera diretta, provocatoria e coinvolgente, Antonio Socci denuncia quello che è il peggior crimine commesso dall'umanità contro se stessa nel corso dell'ultimo secolo, raccontando tutta la verità sull'aborto: dalle origini del dibattito morale alle scelte politiche italiane, dalle politiche antinataliste cinesi all'attuale orientamento dell'Onu e delle istituzioni europee, dalle polemiche sulla Ru486 alle coraggiose iniziative del Movimento per la vita.
Con dati, documenti e testimonianze sconvolgenti.

Inciso sui numeri

Prima lo vogliono a tutti i costi...poi - nel dubbio che sia fisicamente "difettoso" lo eliminano.
Domanda: si possono eliminare coloro che hanno difetti morali, che sono anche peggiori di quelli fisici?

"...Della relazione Turco riguardante l’applicazione della legge 40 sono rimasta sconcertata dalle omissioni: se, come si evince dai dati, nel 2005 per 27.254 donne che hanno fatto ricorso alla fivet, sono iniziate 6200 gravidanze, significa che più di 21.000 donne hanno visto fallire il loro tentativo di maternità e che almeno 70.000 (calcolo per difetto) embrioni, appositamente “prodotti” hanno trovato la morte. Mancano dati che ci dicano quante gravidanze siano poi giunte a termine , ma sappiamo dalla relazione del Ministro che 39 dei bambini che erano riusciti a sopravvivere alla tecnica e ad annidarsi, sono stati in seguito eliminati con il cosiddetto aborto terapeutico ai sensi della 194."

Marisa Orecchia

leggi tutto su: http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2658

03/09/07

La campagna abortista della OMS

La campagna abortista promossa dalla “Organizzazione Mondiale della SaniGUATEMALA 23-08-2007 tratto da ACI.- In un energico comunicato reso pubblico questo mercoledì, i vescovi guatemaltechi hanno segnalato che la campagna per legalizzare l’aborto nel mondo lanciata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è “una guerra dei forti contro i deboli”.

http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2672



Bambini: "costosi e inquinanti"

L'Optimum Population Trust: "Bisogna considerare l’impatto ambientale provocato da ognuno di questi bambini nell’arco degli ottant’anni di una vita media. Abbiamo calcolato che ogni bambino inglese costerà al mondo l’equivalente di 620 voli andata/ritorno tra Londra e New York". Ma che ce ne facciamo di un pianeta pulito se non saranno i nostri figli a goderne?

http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2669

L'eugenetica passa nella società

Dell'aborto selettivo sulle due gemelle al San Paolo di Milano abbiamo già commentato nella mail di stamattina. A proposito, vi segnalo un'interessante intervista a Pietro Barcellona, filosofo di sinistra, sostenitore della legge 194 insieme a Berlinguer, trent'anni fa, e che ora lancia l'allarme sull'uso che se ne fa.

La favola dell'aborto facile

Una campagna ideologica indifferente alla salute delle donne ha diffuso, intorno alla RU 486, la pilllola abortiva, il mito di un aborto facile. Il nuovo farmaco è apparso come un simbolo di libertà femminile e di progresso.
La realtà è drammaticamente diversa: l'aborto chimico è più rischioso, doloroso, traumatico di quello effettuato con altri metodi. Inoltre dura molto più tempo, e riversa ogni responsabilità su chi lo subisce, sollevando i medici e le strutture sanitarie da molti problemi.

http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=1420.1.69

Gli articoli, per capire cos'è la pillola abortiva

Gli articoli, per capire cos'è la pillola abortiva

18.05.2006 Ho studiato la Ru486, vi spiego come uccide(Avvenire, ins. E' Vita)

19.05.2006 Ru486, in Italia si tace. Negli USA infuria il dibattito (Avvenire)

11.05.2006 Ru486 a processo: gli USA scoprono la verità (Avvenire, ins. E' Vita)

11.05.2006 Il papà della pillola si autoassolve (Avvenire, ins. E' Vita)

23.02.2006 Da vera femminista dico no alla RU486 (Avvenire, ins. E' Vita)

16.02.2006 Quando la RU486 finisce in tribunale(Avvenire, ins. E' Vita)

01.02.2006 I produttori della RU non la registrano perchè temono i controlli (Il Foglio)

19.01.2006 RU 486. Negli USA rischi insabbiati(Avvenire, ins. E' Vita)

14.01.2006 Di cosa parliamo quando diciamo aborto chimico. Tutte le morti di RU 486. Solo una pillola, il "metodo meno invasivo" (Il Foglio)

12.01.2006 Parla Donna Harrison. Stati Uniti, sulla RU 486 omissioni di controllo (Avvenire, ins. E' Vita)

05.01.2006 RU 486, effetti collaterali killer (Avvenire, ins. E' Vita)

29.12.2005 Aborto Chimico. Che rischio la RU nei paesi poveri (Avvenire, ins. E' Vita)

08.12.2005 Inserto speciale RU 486 (Avvenire, ins. E' Vita). All'interno: Di Ru 486 si muore e non si vuol saperlo

04.11.2005 Nuovi studi mettono in guardia sull’uso della pillola abortiva RU-486 (Zenit)

04.11.2005 RU 486, i dubbi clinici oscurati dai paraocchi ideologici (Avvenire)

01.12.2005 Inchiesta - Il Dossier USA "inchioda" la RU 486" (Avvenire, ins. E' Vita)

25.11.2005 Silenzio sui casi di morte per la pillola Ru 486. Una notizia ci mette in crisi? Meglio non darla. (Avvenire)

24.11.2005 Bugie & Verità. "La RU 486? Non ho mai sofferto così tanto..." (Avvenire, ins. E' Vita)

24.11.2005 Quattro morti da RU486. Ora lo scrive anche il NYT (Il Foglio)

23.11.2005 Deaths after abortion pill to be studied by officials (The New York Times )

18.11.2005 RU 486, l'equivoco più difficile da dissipare. Il falso dilemma fra "aborto amichevole" e aborto colpevolizzante (Il Foglio)

16.11.2005 Nessuno ha saputo salvare Holly, 17 anni. Ritirate quella pillola. Lettera di due genitori per la figlia morta di RU486 (Il Foglio)

16.11.2005 Meglio l’ospedale di quell’inferno” Ombre e dolore sulla kill pill (e gli effetti collaterali si moltiplicano) (Il Foglio)

15.11.2005 La pillola abortiva RU-486 non è sicura ed è più costosa. Sostiene il dottor Renzo Puccetti. (Zenit)

07.10.2005 Paese che vai, dosaggio che trovi. La Ru486 non è uguale per tutte (Il Foglio)

24.09.2005 Il medico che tifa per la morte (Il Giornale)

18.09.2005 L’aspirina di Erode: anche in Italia l’aborto chimico e “facile” della RU-486 (Zenit)

16.09.2005 RU486 vendesi - La pillola abortiva è (anche) un business. Piccolo promemoria delle sue traversie commerciali (Il Foglio)

12.09.2000 L'infanticidio non sarà che un aborto a nove mesi (Il Foglio)

11.09.2005 RU ovvero aborto leggero. L'altro come assente. La banalizzazione della vita (Avvenire)

«La “194” è da modificare»

Consultorio diocesano: «La vita va difesa, anche per noi la “194” è da modificare»

• «Un’azione che è frutto di una cultura egoistica che considera il feto malato come un peso per la società». È il giudizio del Consultorio Centro per la famiglia che ha sede a Lodi (Corsa Roma, 100) sul caso dell’aborto selettivo effettuato qualche giorno fa su una coppia di gemelle all’ospedale San Paolo di Milano e finito con la soppressione del feto definito sano anziché di quello affetto da sindrome di Down, a seguito della quale anche l’altro feto è stato soppresso. Una pratica che mira di fatto - sottolinea il Consultorio diocesano - «alla «scomparsa dalla faccia della Terra del bambino Down». «La vita - commenta Mario Nizzola medico del Consultorio Centro per la famiglia . è sempre un dono e il diritto ad avere un figlio sano non trova giustificazione né sul piano etico-sociale né tantomeno giuridico». Per Nizzola, «preliminarmente occorre gettare sul terreno di un possibile e auspicabile dialogo su due solidi binari. li primo consiste nel riconoscimento chiaro e formalmente dichiarato che l’uomo è sempre uomo fin dal concepimento, che il principio di eguaglianza vale anche per il concepito non ancora nato e che conseguentemente Io Stato ha il dovere di proteggere il diritto alla vita dl ogni essere umano anche nella fase embrionale. «A fronte dell’affermazione di questo principio - prosegue Nizzola - l’altro binario è la rinuncia alla minaccia penale come strumento dl difesa del diritto alla vita. Su queste due rotaie si potrebbe concretamente avviare il dialogo sulla riforma della legge 194». Una legge spiega Giacinto Bosoni, presidente del Consultorio Centro per la famiglia. che «non potremo mai cessare di considerare ingiusta ma che diventerebbe meno contestabile se le disposizioni della parte preventiva fossero meno equivoche e se la riforma del consultori familiari - secondo le linee da decenni indicate dal progetto di legge suggerito dal Forum per le famiglie - diventasse realtà». «Alcune riforme possono essere introdotte per via amministrativa ha spiegato ieri il presidente del Movimento per la vita Carlo Casini, fermo restando che la legge ha bisogno di essere profondamente modificata, siamo pronti ad avviare da subito un dialogo costruttivo col ministro. A cominciare dalla reiterata richiesta di riferire nell’annuale relazione al Parlamento non solo il numero dei morti (gli aborti), ma anche quello dei vivi (bambini sottratti all’aborto attraverso la solidarietà pubblica e privata alle loro madri, indirlzzata non alla Ivg ma alla nascita) e dall’introduzione del riscontro diagnostico sugli embrioni abortiti in caso di presunta malformazione».

UE falciatrice

Che cosa avrebbero detto i "padri fondatori" dell'Europa, Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi, se avessero immaginato che l'Unione Europea avrebbe un giorno preteso di imporre ad uno dei suoi Stati membri la pratica e l'iscrizione dell'aborto nelle sue leggi nazionali? Eppure è quanto è accaduto a Strasburgo, con la sentenza del 20 marzo della Corte europea dei Diritti dell'uomo, che ha condannato la Polonia a emendare la propria legge, giudicata troppo restrittiva, e a pagare un risarcimento di 25.000 euro ad una donna alla quale i medici avevano rifiutato di interrompere la gravidanza.

http://www.fattisentire.net/modules.php?name=News&file=article&sid=2491

Lettera

L'aborto "è il modo con cui noi medici diamo la possibilità a Dio di ripensarci". Così nella serie «ER Medici in prima linea» un protagonista giustifica la sua azione su una quindicenne 'oppressa' da genitori cattolici che - come nel classico stereotipo - appaiono insensibili, nel nome di Dio, al dramma umano della figlia.
Peccato che gli sceneggiatori si siano invece dimenticati di dar voce al dramma del nascituro, forse anche perché potrebbero non apparire aridi mostri coloro che lo vogliono tutelare.

Gerolamo Tommasi

Assuntina Morresi dixit


con il suo discorso ai partecipanti a un convegno organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita, Benedetto XVI ha denunciato l'attacco eugenetico a cui è sottoposta l'umanità: dall'aborto chimico per il controllo delle nascite, alla ricerca del figlio perfetto, all'eutanasia, e molto altro. Ha anche tracciato una strada per un lavoro per tutti noi, per "rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica". E' impressionante leggere il susseguirsi di interventi del Papa su questi temi: Benedetto XVI ha estremamente chiaro il pericolo che incombe su tutti noi. Da leggere, assolutamente:
http://www.stranau.it/news/news_0702/B16_accprovita.htm

E veniamo invece alle belle notizie. La prima è che è nato Mattia. E' uno dei due gemelli nati dalla signora Marilena Giudice. Per la precisione, è il gemello down. La sua mamma era già sul lettino per abortirlo: con un ago i medici avrebbero iniettato nel piccolo cuore una sostanza che l'avrebbe ucciso all'istante. Ma quando il bambino in pancia si è messo in posizione, la sua mamma non ce l'ha fatta: ha fermato tutto. E' scesa dal lettino e se n'è andata. "Ogni tanto penso a come mi sentirei male se Mattia non ci fosse". La storia è stata raccontata da "Cronache del Mezzogiorno", edito nella provincia di Salerno - direttore Tommaso D'Angelo - e il servizio è a cura di Filomena Sale e Mena Bove. Grazie al redattore Peppe Rinaldi che ci ha segnalato il fatto:
http://www.stranau.it/news/news_0702/figlio_down.pdf

La gravidanza bisogna godersela. E infatti "Godersi la gravidanza" è il titolo dell'ultimo libro di Carlo Bellieni, di cui possiamo leggere la presentazione in un'intervista da Zenit:
http://www.zenit.org/italian/visualizza.php?sid=10824

mentre qui si vede la copertina e si può comprare on line:
http://www.bol.it/libri/scheda/ea978885140429.html;jsessionid=521A5F4C7EF456F910140A5B496D9AB8


Assuntina Morresi

Aborto: Ru486; 190 interruzioni primi 5 mesi 2006 in Toscana

Aborto: Ru486; 190 interruzioni primi 5 mesi 2006 in Toscana

Toscana: Udc e Fi hanno chiesto di "programmare e disporre periodiche azioni di verifica e monitoraggio della pillola Ru486", ma la mozione è stata respinta dall'aula con il voto contrario del centro sinistra e l'astensione della Margherita...


"Nei primi cinque mesi dell'anno le interruzioni farmacologiche volontarie di gravidanza sono state 190". Lo ha reso noto oggi l'assessore regionale alla Sanità, Enrico Rossi, rispondendo a un' interrogazione "in merito alla somministrazione nelle strutture ospedaliere della Regione Toscana della pillola abortiva Ru486". L'interrogazione è stata presentata dal capogruppo Udc Marco Carraresi a cui era collegata anche una mozione firmata da alcuni consiglieri Udc e Fi in cui si chiedeva di "programmare e disporre periodiche azioni di verifica e monitoraggio della pillola Ru486 nelle strutture sanitarie della Toscana".
La mozione è stata respinta dall'aula con il voto contrario del centro sinistra e l'astensione della Margherita. Secondo l'assessore Rossi "nel complesso le interruzioni volontarie di gravidanza non sono in aumento. Sul fronte di quelle farmacologiche nel periodo di riferimento si è avuto una riduzione presso l'azienda ospedaliera di Pisa e un aumento in quella di Siena".
Pronta la risposta di Carraresi secondo cui la "questione è rilevante perché anche secondo il padre della pillola abortiva in alcune pubblicazioni ha affermato che l'aborto chimico ha tassi di mortalità maggiori del 10% rispetto a quello chirurgico. La questione non può essere liquidata troppo semplicemente ma occorre un monitoraggio rigoroso nel nome del diritto alla salute delle donne".
Rispetto al voto della mozione Cararesi ha poi aggiunto "sono rimasto molto deluso e sconcertato anche per il comportamento pilatesco del gruppo della Margherita che dopo aver manifestato condivisione per i contenuti della nostra mozione, si è alla fine astenuta".
La mozione collegata ha poi visto un acceso dibattito in aula. Per Anna Maria Celesti (Fi) "i consultori e le strutture socio sanitarie toscane ad oggi, non hanno garantito alla donna quanto previsto dalla legge, ovvero la visione dell'aborto come estrema ratio. In questo senso è necessario assicurare alla donna che chiede di interrompere la gravidanza tutti gli aiuti finalizzati alla rimozione degli ostacoli sociali, economici o familiari che la portano a questa scelta".
Sull'argomento è intervenuto anche il capogruppo Pdci Luciano Ghelli che, a titolo personale, ha sottolineato come "sono contrario alla sperimentazione della pillola abortiva e sono contrario anche alla sperimentazione sulle cellule staminali e all'accordo in sede Ue perché sono per la difesa della vita".

TOSCANAoggi 26/07/2006

SEVESO: CASO GONFIATO VOLUTAMENTE

Il caso-Seveso trent'anni dopo. Quando il giornalismo usa una notizia per cambiare il corso della storia. Un esempio da "manuale di disinformazione" ancora attuale.

Nella recente storia italiana c'è un episodio da "manuale della disinformazione". È conosciuto in tutto il mondo come "caso Seveso", dal nome della cittadina a una ventina di chilometri da Milano che fu teatro della vicenda. Proprio in questi giorni ricorrono trent'anni da quegli eventi, che incisero pesantemente sui costumi e sulle leggi di questo Paese. Contribuendo ad affermare la barbarie dell'aborto di Stato. Ma andiamo con ordine e cominciamo, come si conviene a un giornalismo onesto, dalla realtà.

Il fatto
È un caldo sabato di luglio, a Seveso. Alle 12.37 del 10 luglio 1976 da un reattore dallo stabilimento chimico dell'Icmesa si leva nell'aria una nube di diossina, un potente diserbante. Dispersa dal vento, la sostanza va a contaminare un'area di alcuni chilometri. Le autorità sono giustamente costrette ad assumere misure precauzionali drastiche: molte famiglie sono forzatamente allontanate dalle loro case, i soldati recintano le zone più a rischio con il filo spinato, uomini in tuta bianca e maschera iniziano rilievi e operazioni di bonifica. In seguito, molte case verranno letteralmente rase al suolo, insieme alla fabbrica che aveva causato il guaio. Nel giro di qualche giorno la notizia fa il giro del mondo, trasformando Seveso in sinonimo di uno dei più gravi disastri ambientali di tutti i tempi. La gigantesca macchina mediatica si è ormai messa in moto in maniera inesorabile, costruendo un caso assolutamente sproporzionato rispetto ai fatti.

Che cosa è veramente accaduto
Si tratta di un episodio molto grave, che ha provocato disagi enormi alla gente di quelle terre. Una "macchia" che avrebbe seguito per lungo tempo le popolazioni di quell'area, già duramente colpite: vi furono abitanti di Seveso rifiutati nelle località balneari perché ritenuti contagiosi. Chi scrive questo pezzo, nato e cresciuto a pochi chilometri dall'Icmesa, fu segnalato dal medico scolastico come sospetto caso di cloracne, mentre si trattava di un banale eczema allergico presente ben prima dell'incidente. Il guaio è che giornali e TV generarono un clima di psicosi del tutto irrazionale.
Ancora oggi nell'immaginario collettivo di moltissime persone, la parola Seveso evoca immagini terribili, simili a quelle di The day after, il celebre film sulla minaccia nucleare: si crede che a Seveso siano morte centinaia, forse migliaia di persone. E che la natura sia stata deturpata per sempre. In realtà, basta visitare oggi i luoghi del presunto disastro per scoprire una cittadina del tutto normale, abbellita da un bosco di querce che ha preso il posto dell'Icmesa. Ma, allora, che cosa è successo realmente a Seveso?
Nei giorni immediatamente successivi all'incidente muoiono animali da cortile, e alcune persone sono colpite dalla cloracne, eruzioni cutanee che nel caso di due bambine risultarono particolarmente deturpanti. Tuttavia, grazie a Dio i danni sull'uomo sono stati alla fine assai modesti. Soltanto 193 i casi di cloracne accertati; le indagini epidemiologiche sulla popolazione del luogo condotte in questi decenni non hanno evidenziato, al momento, segnali preoccupanti. Ma, soprattutto, a Seveso non si registra all'epoca dell'incidente nemmeno una vittima. Nessun morto per colpa della diossina. Almeno fra i già nati.

Un caso da manuale
Perché allora si scelse di "gonfiare" in maniera così artificiosa le proporzioni del caso Seveso? Ci sono almeno due moventi che spiegano questo "delitto mediatico". Il primo rimanda all'ideologia ambientalista. L'ecologismo più aggressivo - spesso collaterale alla sinistra rivoluzionaria - voleva cavalcare Seveso per dimostrare che il progresso industriale stava uccidendo il pianeta. In fondo, a sostegno di questa tesi non mancava qualche buon argomento, visto il livello di superficialità che, soprattutto a quel tempo, caratterizzava le blande misure di sicurezza degli impianti industriali. C'è però un secondo movente, molto più decisivo del primo: la volontà, da parte di alcune lobby anti-vita, di legalizzare in Italia l'aborto procurato. Sullo sfondo, la sfida lanciata alla Chiesa cattolica, il progetto - il cui esito allora non appariva così scontato - di introdurre il diritto della donna all'aborto proprio nella terra dove ha sede il papato. Il nesso con Seveso è presto detto: dopo qualche settimana da quel fatidico 10 luglio, alcuni giornali cominciano a mettere in circolazione la notizia - data per certa - che le donne incinte che vivono nelle terre colpite dalla nube inquinante avranno dei figli gravemente handicappati. Si mette subito in moto il palazzo della politica: il 31 luglio le parlamentari Susanna Agnelli (Partito Repubblicano), Giancarla Codrignani (Partito comunista) e la radicale Emma Bonino chiedono che alle donne di Seveso e dintorni sia consentito l'aborto. Un coro di consensi si leva da quasi tutti i giornali.

La campagna abortista
All'epoca, in Italia l'aborto è ancora reato, anche se la Corte costituzionale - con la sentenza n. 27 del 1975 - ha già introdotto il diritto della donna a sbarazzarsi del concepito, quando vi siano ragioni legate alla salute fisica o psichica. Una decisione gravissima, basata sull'idea che non solo la vita, ma perfino la semplice salute della madre conti di più della vita stessa di suo figlio. Nonostante ciò, i casi di Seveso non rientrerebbero nelle ipotesi stabilite dalla Corte. Gli abortisti allora si scatenano per creare un clima di terrore a Seveso e dintorni: attiviste dell'Unione donne italiane, del Cisa (Centro sterilizzazione e aborto), e di altri "collettivi" raggiungono ogni giorno la zona ed esibiscono nei pressi del consultorio o degli ospedali cartelli inequivocabili, su cui campeggiano scritte come "O mostro o aborto". Il 7 agosto il ministro della sanità Dal Falco e il ministro della giustizia Bonifacio, entrambi democristiani, ottenuto il consenso del presidente del Consiglio Giulio Andreotti, autorizzano gli aborti per le donne della zona che ne faranno richiesta.

La verità
Il Giornale di Montanelli scrive, rompendo il coro dei consensi: «Il rischio è per i bambini, non per la madre: si tratta di aborto eugenetico, e non terapeutico». Subito il Cardinale di Milano Giovanni Colombo prende coraggiosamente posizione: non uccidete i vostri figli - dice l'8 agosto - le famiglie cattoliche sono pronte a prendersi cura di eventuali bambini handicappati. I giornali dileggiano l'arcivescovo di Milano, e rilanciano con maggiore virulenza la campagna per la legalizzazione dell'aborto. Intanto, alla Mangiagalli di Milano e all'ospedale di Desio vengono praticati i primi aborti. Certamente, l'eventuale handicap di questi innocenti non avrebbe resa lecita la loro eliminazione. Nessuno direbbe a un disabile: «Che bello se tu non fossi mai nato, ridotto come sei». Ma all'orrore si aggiunge altro orrore, quando nel marzo del 1977 arrivano in Italia i risultati delle analisi compiute presso i laboratori di Lubecca sui poveri resti dei bambini mai nati di Seveso: nessun embrione presentava le temute malformazioni. Erano dunque queste le uniche vittime innocenti della diossina.

Il diario di un protagonista
Francesco Rocca fu sindaco di Seveso all'epoca della diossina. Dirigente d'azienda, cattolico convinto, Rocca raccolse le sue impressioni in una sorta di diario che ripercorre i giorni tremendi dell'incidente al reattore dell'Icmesa, la paura della sua gente, il polverone mediatico che ne seguì, la campagna per la legalizzazione dell'aborto. Come scrive nella prefazione Cesare Cavalieri, un testimone privilegiato della vicenda ci racconta con penna felice e cuore sincero tutta la verità sui giorni della diossina.
(Francesco Rocca, I giorni della diossina, Fede&cultura, Verona 2006)

di Mario Palmaro IL TIMONE – n. 55 Luglio/Agosto 2006

Confesso

Confesso, non senza vergogna,
che il giusto e generalizzato cordoglio per la fine
infame del povero Tommaso mi irrita. Mi irrita
profondamente, perché non riesco a non pensare
ai tanti Tommaso senza nome che non sono
pianti da nessuno, perché morti ancor più anzitempo,
senza lasciare testimonianza dei loro occhi
lampeggianti. Delle due l'una: o crediamo
davvero, come in questi giorni sembra essere il
caso, che l'omicidio è tanto più efferato quanto
più inerme e impotente, persino di balbettar difesa,
è la vittima. Oppure siamo, e neppure segretamente,
convinti che l'utilizzo di mezzi meno
teatrali del badile faccia la differenza. Pensando
a Tommi vediamo tutte le cose della vita
che non potrà vedere. E per gli altri, quelli che
della vita si sono persi anche la prima luce? Soprattutto
per un liberale, è impossibile sognare
la fine dell'aborto, è un'utopia troppa onerosa
per le nostre coscienze grigie. Ma che ci colga almeno
un'ombra di pensiero e di rimorso, almeno
quando vestiamo il lutto dei vinti di Erode, è
chiedere troppo?
Alberto Mingardi, Milano

1 italiano su 4 condivide l’applicazione della legge 194.

1 italiano su 4 condivide l’applicazione della legge 194. Cresce la povertà delle famiglie
Sul tema dell’aborto, gli italiani si mostrano favorevoli, in linea generale, ma sembrano invece essere poco propensi per alcuni casi specifici, come la mancanza di risorse economiche o la specifica volontà, da parte della madre, di non avere un bambino. Vale a dire che gli italiani sono contrari a che l’aborto venga consentito in quei casi che rappresentano la stragrande maggioranza delle Ivg.
Se da un lato c’è una buona percentuale di favorevoli nei casi di pericolo per la madre (84%), di gravi anomalie e malformazioni del feto (74,6%) e in caso di violenza sessuale (65,1%), dall’altro, se le motivazioni sono più attinenti alle condizioni economiche o alla volontà della madre di non avere figli, le percentuali scendono notevolmente, rispettivamente al 26,4% e al 21,9%.
Dall’ampia messe di dati forniti dall’annuale rapporto dell’Ispes apprendiamo anche che aumentano le famiglie povere e a rischio povertà. In Italia vivono in condizioni di povertà relativa ben 2 milioni e 674mila famiglie (l’11,7% delle famiglie residenti), pari ad un totale di 7 milioni e 588mila persone (il 13,2% della popolazione italiana). Oltre all’incremento del numero delle famiglie povere (+ 300mila) l’Eurispes - nel Rapporto 2006 - stima che circa due milioni e mezzo di nuclei familiari siano a rischio povertà, l’11% delle famiglie totali, ben 8 milioni di persone.



eurispes

COMMISSIONE 194

Un positivo passo avanti verso la riforma dei consultori
L’impianto della 194 ’risulta ancora valido’ mentre, per quanto riguarda i consultori vanno potenziati anche se ’tramite specifici indirizzi’ visto che restano ’senza dubbio le strutture più adeguate per garantire quel supporto multidisciplinare alla donna che affronta il dramma dell’interruzione volontaria di gravidanza’. Sono queste le conclusioni a cui è giunta l’indagine conoscitiva sull’applicazione della 194 svolta dalla Commissione Affari sociali della Camera. Un lavoro, quello della Commissione, durato oltre un mese, e che ha visto il polemico abbandono delle votazioni da parte di tutti i parlamentari dell’opposizione.
Le funzioni assegnate ai consultori (corsi al parto, assistenza durante la gravidanza...), sottolinea il testo dell’Inchiesta, ’costituiscono un importantissimo mezzo per combattere l’aborto, nell’ambito di un progetto consapevole’. Valida, quindi, la legge, bene i consultori ma resta aperta la finestra alle istanze del mondo associativo per la vita. Nel testo si sottolinea, infatti, l’esigenza di riflettere su quali siano ’le possibilità concrete di determinare un ripensamento della donna che abbia intrapreso la procedura per l’Ivg, al fine di potenziare la prevenzione secondaria’. E vengono accettate alcune delle richieste avanzate: registrazione delle cause indicate dalla donna per chiedere l’aborto; monitorizzazione delle anomalie del feto diagnosticate e controllate dopo l’aborto o la nascita nel caso in cui queste malformazioni fossero la causa dell’aborto; valorizzazione del volontariato di servizio alla vita anche attraverso l’incentivazione delle forme di collaborazione tra le associazioni ed i consultori; monitorizzazione dei casi in cui una domanda di aborto è seguita dall’accoglienza del figlio grazie ad interventi che hanno rimosso la cause che avevano spinto all’Ivg; educazione dei giovani al valore della vita e della famiglia.
Nel complesso dunque l’indagine costituisce un serio passo in avanti. L’auspicio è che nella prossima legislatura possa portare al traguardo di una grande riforma dei consultori. E questo costituirebbe un risultato importantissimo per la donna, per la famiglia e per la società nel suo insieme.

ABORTO: D'ALEMA: ETICO E' NON TROVARE MILITANTI CL IN CONSULTORIO

Giusto, onorevole! mettiamo i Mengele nei consultori! Per adesso ci sono troppi iscritti alla cgil e che propongono la ru486 al posto di un’alternativa all’aborto. Ma i consultori non dovevano essere uno strumento per salvare le vite dei nascituri e quella delle madri distrutte dal rimorso (ma di cui nessuno parla)?

RISPETTARE SOLIDARIETA' E LIBERTA' DONNA, ABORTIRE E' UN DRAMMA Roma, 19 nov. (Adnkronos) - ''Una donna che vive il dramma dell'aborto e va in un consultorio pubblico non puo' trovare i militanti di Comunione e Liberazione ''. Lo ha detto Massimo D'Alema nel suo intervento al convegno dei Ds sulla citta' di Roma, parlando della questione dell'aborto. ''E non ritengo -ha aggiunto-che questo sia relativismo etico. Lo dico nell'etica della solidarieta', nel rispetto della liberta' della donna, anche questo e' etica...

Tutti zitti e allineati: Zucconi predica sull'aborto

Una coppia scrive a Zucconi dicendosi pronta a prendersi cura di una creatura destinata a nascere malformata. Il direttore: siete dei fanatici...

di ANTONIO SOCCI



Qualche settimana fa, monsignor Angelo Amato, dell'ex Sant'Uffizio, tuonò duramente contro la piaga «invisibile» dell'aborto (un miliardo di vite umane soppresse nel mondo in quarant'anni: un miliardo!). Tempestivamente, all'indomani, il sito repubblica, nella frequentata rubrica delle "Lettere al Direttore" (che è Vittorio Zucconi), pubblicava la missiva di un cattolico che, con la moglie al quinto mese di gravidanza, aveva deciso per l'aborto a causa di una diagnosticata malformazione del nascituro. Il clamore mediatico di questi casi è sempre stato scontato. Fin dagli anni Settanta, la stampa più ideologicamente abortista, non volendo discutere serenamente e laicamente dell'aborto, usa dare risalto ai casi di questo tipo. Un modo per zittire chi solleva dubbi e far dimenticare, fra l'altro, che nella stragrande maggioranza degli aborti permessi dalla legge 194 vengono soppressi bambini sani. Dunque la lettera di questo padre, dopo aver drammaticamente spiegato «che il bambino nascerebbe cieco e con problemi all'ipofisi», riporta «la domanda posta da tutti i dottori che abbiamo consultato: "Che intendete fare?"». Questa è stata la sua risposta: «Io sono un cattolico praticante. Uno di quelli che tutte le domeniche va a battersi il petto. Nonostante questo ho deciso in un solo istante. Non ho dubbi, e mia moglie nemmeno: stiamo già cercando una struttura ospedaliera per l'aborto terapeutico. Sono un ipocrita? Un infedele? Non lo so. So solo che preferisco finire io all'inferno piuttosto che lasciarci mio figlio per una vita intera. Questo è tutto l'amore che conosco».
DIAGNOSI SBAGLIATE
Una lettera che fa pensare. So per esperienza - perché è capitato a me personalmente - quanto sia tremendo sentirsi dire: «Sua figlia nascerà cieca e senza braccia. Ma c'è l'aborto...». E so pure che certe diagnosi prenatali talora si rivelano errate o troppo allarmistiche: nel mio caso infatti la prevista disgrazia non si è avverata, la bimba nacque sana, affidata alla Madonna, e sarebbe stata accolta comunque. Tuttavia le malattie esistono e possono colpire i bambini. Però si possono anche curare, la medicina c'è per questo e sta facendo progressi enormi. Ma le strutture pubbliche spesso non indicano altra scelta che l'aborto. Forse a quel padre si poteva dare qualche speranza? Si poteva consigliare un po' di riflessione e cautela, anche dal giornale a cui ha scritto? Il direttore Vittorio Zucconi una delle "grandi firme" del nostro giornalismo - risponde invece cogliendo l'occasione per una polemica contro la Chiesa. Zucconi che mi dicono essere cattolico, ma non so dire se sia così - parla proprio delle diagnosi di «malformazioni» e del nostro «potere di scelta» sul quale, dice il direttore, «i pastori di anime dovrebbero aiutarci costruendo ponti di comprensione, di tenerezza, di pietà, imparando a distinguere, a sorreggerci, non condannarci come "terroristi dal volto umano", secondo l'orrenda, ignobile definizione sparata ieri da un vescovo a nome della Congregazione della Fede». Naturalmente monsignor Amato non aveva affatto definito così le persone che, spesso sopraffatte dal dolore o dalla solitudine, ricorrono all'aborto. Ma invece aveva chiamato «terrorismo dal volto umano» il clima di queste nostre società opulente dove fa grande clamore «l'abominevole terrorismo dei kamikaze», mentre passa del tutto sotto silenzio la soppressione annuale di 50 milioni di vite nascenti. In tanti avranno scorso quella lettera e la risposta di Zucconi. Ma un lettore del sito, il signor Paolo, ne resta profondamente inquieto e addolorato. Tornato a casa ne parla con la moglie Marta. Il pensiero di quel povero bambino non lo lascia dormire. Così, all'indomani, d'accordo con la moglie, prende con tutto il cuore una decisione: accoglieranno loro stessi quel fanciullo se i suoi genitori non se la sentono. In fondo questa solidarietà fra genitori, fra famiglie, è prevista anche dalla legge. Dunque accende il computer e scrive a Zucconi: «Poiché né i medici, né Lei dall'alto della vostra sapienza e saggezza, avete saputo o voluto fornire al signor X e soprattutto al suo bambino uno straccio di alternativa all'aborto, allora La prego di far pervenire a questi papà e mamma in pena questo messaggio: se pensano di non riuscire a dare a questo figlio malato l'amore e la cura di cui avrà bisogno, non si angustino! Sappiano che c'è una famiglia, la nostra, che è già pronta ad averlo così come nascerà. Non lo uccidano! È solo una persona malata e le persone malate vanno curate. Lo diano a noi! La preghiamo, faccia pervenire loro questo nostro appello. Ci rivolgiamo a quella pietà cristiana che sicuramente lei custodisce nel cuore». È una lettera scritta col cuore, di slancio, non un articolo da giornalisti, ponderato nelle virgole. Dovrebbe almeno commuovere. Invece di fare dissertazioni e dire la propria, questi due giovani si mettono in gioco personalmente e spalancano la loro casa e la loro vita. Ma la risposta di Zucconi è dura. E dopo aver titolato la loro lettera "Io sono più buono", il direttore risponde: «Dunque sarebbero assassini quei due genitori disperati? A volte la bontà mi fa più paura della cattiveria. I cattivi, almeno, possono sempre ravvedersi e pentirsi, i buoni mai». Paolo e Marta non si aspettavano una risposta così. Amareggiati rispondono: «Addio Zucconi, la lasciamo in balìa della sua intelligenza arida, incapace neanche per un solo momento di provare pietà per un bambino che non saprà cosa vuol dire essere amato per davvero. La lasciamo con un'ultima speranza: che la smetta una volta per tutte di mettere in bocca agli altri le cose che non hanno detto. Noi non abbiamo dato dell'assassino a nessuno e non pretendiamo di essere più buoni degli altri». La lettera si concludeva col rimprovero al direttore di non comprendere. E il direttore di Repubblica.it chiude il caso con questa replica: «Vi eravate permessi di invitare due disperati genitori dei quali nulla sapete se non che sono alle prese con una tragedia immensa, a "non uccidere" il loro figlio, a non ucciderlo, perché soltanto voi sapete che cosa sia l'amore, che cosa sia un bambino, che cosa sia la vita, che cosa sia la generosità. Ma come osate? Ma come vi permettete? Ma che sapete di quali scelte abbiano dovuto fare loro, o io, nelle nostre vite. Addio, senza rimpianto. Non tollero neppure i fanatici in materie cretine come il pallone, figuriamoci su cose tanto serie».
FAMIGLIA ESEMPLARE
Il potere è anche questo: avere l'ultima parola. Ma chi sono Paolo e Marta che hanno osato entrare un giorno nel teatro dei media pensando di poter salvare un bambino e sono stati così sistemati da una grande firma? Paolo è un dirigente bancario, Marta è una pianista. Hanno cinque figli e praticamente altri due in affido (eppure erano disposti ad aprire la loro casa a un nuovo bambino con gravi handicap). Sostengono un "Centro di aiuto alla vita" (uno di quelli che, negli ultimi 30 anni, hanno aiutato più di 70mila donne e hanno propiziato la nascita di 70mila bambini che potevano essere soppressi). La fede cattolica e l'attuale impegno di Paolo e Marta derivano da una "conversione". Le loro storie infatti vengono da lontano. Paolo, per esempio, in passato ha avuto in tasca la tessera di un solo partito: il Pds. Insomma sono tutt'altro che dei "bigotti" che vivono fuori dal mondo. Sono, secondo me, "la meglio gioventù". Sono l'Italia che si dà da fare, anziché parlare (anche perché non sembrano aver diritto di parola). I giornali quasi tutti in mano a un establishment ideologico radicaloide non raccontano questa Italia. La disprezzano. E quando questa Italia si azzarda a dire la sua (anzi, a offrire solidarietà, a donare amore) deve prendersi una "lezione".

Peccato di orgoglio

Al direttore - Mio figlio ha 32 anni e l’anno scorso si è laureato in Scienze Agrarie all’Università di Udine. Un po’ in ritardo forse e infatti quel giorno (indimenticabile per me e mio marito) era il più anziano tra quelli che discutevano la tesi di laurea. Voglio presentare giustificazione come spetta a un genitore: tre interventi al cuore per correggergli una tetralogia di Fallot (a due, sette e dodici anni) e una leucemia mieloide acuta con relativo trapianto di midollo, terapie ecc. (tra i sedici e i ventuno anni). Sì, perché Francesco è nato con una patologia che spesso è associata a cardiopatie e a neoplasie del sistema immunitario, è un ragazzo Down. Io e mio marito non ci siamo mai sentiti migliori di chi decide di abortire dopo aver saputo dalla amniocentesi che il feto è affetto da trisomia 21, solo Dio può giudicare. Ma in questi giorni, anche grazie al Foglio, ci è scappato un peccato di orgoglio. Lo confessiamo pubblicamente.
Paola Zall - Cordenons (Pn)

Scartati per malformazioni minime

Il medico sedicente cattolico giustamente si scandalizza per l'incoerenza di certi suoi pazienti cattolici... ma non vede "la trave che c'è nel suo occhio"

Nonchè...come è possibile mettere sullo stesso piano la vita di proprio figlio e la propria incapacità di mantenere la relazione con proprio marito?

I figli dividono più che unire. E allora?


Quando le coppie si presentano da lui è solo per quella che in gergo medico viene definita la «second opinion». Il sospetto già c’è. L’ecografia e le altre analisi hanno segnalato qualcosa di strano, un’ipotesi di malattia, un gene che non torna. Al centro di diagnosi prenatale Artemisia, la clinica più grande d’Europa, seconda a livello mondiale solo a Boston, il professor Claudio Giorlandino, cattolico, presidente della Società italiana di diagnosi prenatale, vede 150, 200 donne al giorno. È qui che le madri leggono il destino del figlio che sta per nascere. E decidono, con un sì o con un no. Vita o morte, provvidenza o selezione, destino o conoscenza.
Come reagiscono i genitori di fronte ad una diagnosi prenatale negativa?
«Oggi, anche se resta l’idea di fondo di sacralità della vita, la tendenza delle coppie è verso la totalità. L’imperfezione fa paura, non si accetta. Su cento diagnosi di patologie il 99,7 per cento sceglie l’aborto. Un numero altissimo, che non fa distinzione tra coppie laiche o cattoliche, giovani o mature, borghesi o proletarie».
Quanto pesa l’esigenza di perfezione?
«Io stesso nella mia famiglia ero contrario all’amniocentesi, poi mia moglie ha insistito e ha fatto l’esame. Ma io avrei tenuto mio figlio a priori, senza nessuna “anticipazione”. Le famiglie quando decidono di volere un figlio lo vogliono sano e vogliono sapere con certezza scientifica cosa nasconde il suo futuro. E se un padre e una madre chiedono di sapere la scelta è già stata presa per metà. Se sai, spesso correggi».
In quali casi i genitori rifiutano un figlio?
«Ci sono espressioni di malattia gravissime. Ma a volte entrano mamme facendosi il segno della croce e appena scoprono una piccola malformazione, scelgono di eliminare il feto. Qualche tempo fa arriva qui una mamma. Si scopre che c’è qualcosa nella mano che manca, una malformazione. La signora sbianca e decide per l’aborto. Io, a quel punto, la guardo e chiedo: “Ma se il suo bambino dovesse cadere e perdere un dito, che fa: gli spara?”. La donna mi risponde secca: “Fino a quando ho il controllo decido io”».

Quando decidono invece di tenerlo?
«Quando spiego loro che la patologia c’è ma è correggibile. Allora lasciano una porta aperta. Corrono subito dal pediatra per un consulto. Si informano, cercano di capire se il tipo di malformazione sia un peso non troppo ingombrante».
Quanto incidono le parole e l’atteggiamento del medico?
«Io, per scelta, mi rifiuto di dare consigli. Ognuno deve fare i conti con le proprie forze e le proprie paure. Ma tutti noi medici, anche senza volerlo, orientiamo la scelta. Succede di influenzare anche solo con un’espressione del volto, con il tono. Siamo persone anche noi. Il resto è tutta una questione di coscienza».
E la sua coscienza? Mai stata sconvolta dalla scelta di qualche genitore?
«Le racconto un caso limite. Una decina d’anni fa una giovane coppia di Frosinone si presenta per una second opinion. Arrivano al centro con tutti i parenti. Una famiglia molto religiosa, neocatecumenale. Si diagnostica una sindrome di Down gravissima. La famiglia accoglie la notizia in modo sorprendente: abbracci e gioia. Li sento esclamare: “Dio ci sta mettendo alla prova”. Erano tutti visibilmente commossi ma felici. Il bambino nasce con gravi disturbi, la famiglia, schiacciata dalle difficoltà si sfalda. Marito e moglie divorziano. Quattro anni dopo mi vedo arrivare una citazione da parte della madre. Forse non bisogna chiedere troppo a Dio».

L'utopia del figlio perfetto

Mi dispiace per la giornalista, ma l'enigma è risolto da tempo: l'uomo è uomo anche quando è una cellula sola.

Quando capita fa comunque male. Alcune di loro finiscono per cercare conforto sui blog. Sono le donne che rinunciano, che dicono no a un figlio non sano, per paura, per un peso troppo grave da portare, perché tutti alla fine sperano in un figlio normale, senza errori di natura, senza pasticci nel Dna. Lasciano storie e messaggi che raccontano il trauma di questa stagione, dove ormai i figli non arrivano, ma si scelgono.
Una ragazza che si firma Michela racconta: «Sono rimasta incinta del mio primo bimbo. Amniocentesi negativa. Per puro caso ho rifatto l’eco morfologica in una clinica privata, diagnosticano l’agenesia del corpo calloso del mio bimbo. Due ore per decidere e tre giorni di dolore (straziante per separarmi dal mio angioletto». Daniela scrive: «Il mio bimbo era Down, un dolore troppo forte. Quattro giorni, notti a straziarmi di dolore, svenendo da sola sul letto. La cosa peggiore è che io non ho figli e ho 45 anni». Chiara risponde: «Ho abortito. Ho più di 40 anni. La mia ginecologa mi incoraggia a riprovarci. Cosa mi consigliate?».
LA PREVENZIONE
Questo è un nodo del problema. Il lavoro ti fa posticipare la maternità. I rischi crescono. Le diagnosi prenatali sono circa 150mila l’anno. L’amniocentesi (96mila l’anno) è l’esame più richiesto, poi villocentesi e cordocentesi. Scienza, tecnologia: si avanza. Si conoscono i dettagli, le anticipazioni. Al secondo mese di gravidanza si può già sapere il sesso del nascituro. Il 2,6 per cento degli aborti sono stati fatti dopo la dodicesima settimana, cioè per rischi di salute o malformazioni del feto. Nel 2006 un rapporto del tribunale dei diritti del malato ha constatato che nel 12 per cento dei casi la diagnosi prenatale è sbagliata. Il 20 per cento di chi sceglie l’amniocentesi ha meno di 35 anni. E questo è il secondo nodo. Le donne, anche se giovani, scelgono sempre più la diagnosi prenatale, sottoponendosi anche a esami invasivi. È il segno culturale di una sindrome del «figlio perfetto». Una selezione in camice bianco che sconvolge la Chiesa cattolica e tutti quelli per cui, un feto e un embrione, sono comunque vita umana. Da qui la richiesta politica di una revisione della legge sull’aborto e un dibattito etico che sta spaccando in due l’Occidente. Sullo sfondo i casi di cronaca, come la storia dell’ospedale San Paolo di Milano. Quando a giugno una mamma perde due gemelle cercando di eliminare quella con la sindrome di Down. I risultati dell’amniocentesi parlavano chiaro. Ma tra il referto e il giorno dell’aborto passano tre settimane. Le gemelle si muovono, si scambiano posto nella pancia. I medici intervengono sulla bambina sana. Subito dopo l’eliminazione anche di quella «sbagliata». Quella probabilmente Down. L’allarme degli anti-abortisti sale e qualcuno evoca il rischio di una Sparta moderna, con i bimbi imperfetti buttati giù dalle mura.

L’ALLARME
Didier Sicard, presidente del Comitato di bioetica francese, parla di deriva eugenetica. «La diagnosi prenatale tende alla soppressione e non alla cura. Cromosomi e geni, che sono il tratto identitario della persona umana alla sua origine, sono ormai considerati “agenti patogeni infettivi che la medicina deve sradicare”. Non è un costume medico, è una ideologia resa possibile dalla tecnica, peggio, è un’ossessione».
Eugenetica è la parola da non pronunciare, quella che fa paura, che fa venire i brividi. La parola brutta. Che fa pensare alle pecore marchiate per distinguerle nel gregge, o nei peggiori dei casi, ai nazisti. Eugenetica come ricerca del più forte, eliminazione del debole, dell’imperfetto da selezionare, da scegliere preventivamente. Che vinca il più forte e non se ne parli più. Il resto è caos. La «libera scelta della donna» si risolve nella maggior parte dei casi nella scelta della strada che appare la meno dolorosa: l’aborto. Quello che resta tra l’opinione pubblica è l’indignazione per l’aver scambiato una bambina con un’altra. Se fosse morta quella giusta non ci sarebbe stato tanto rumore.
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Eppure la 194 non parla di aborto eugenetico, anzi, non parla neppure di aborto selettivo, ma terapeutico. «La legge - spiega Assuntina Morresi - non consente l’aborto a causa di malformazioni o anomalie del concepito». La 194 è quella del 1978, scritta praticamente trent’anni fa, quando non c’erano quasi nemmeno le ecografie, voluta per difendere e aiutare le donne. «La 194 non deve essere toccata. Ma è chiaro che è stata fatta su tecnologie ormai superate - spiega Eugenia Roccella, presidente di Salute Femminile -. Servono i dati, bisogna sapere tutto. Quanti sono gli aborti, quanti bambini sopravvivono e quanti diventano grandi. E quanti sono gli ospedali che chiedono alla madre che sta per abortire il consenso informato affinché i medici possano evitare di prestare soccorso al feto sopravvissuto?».
Qui ci sono due verità, due coscienze, a confronto. Una mamma può dire: «Non ce la faccio: per mio figlio, che vivrà una vita a metà, e per me». E poi c’è un’altra madre che grida: «Un Down ha diritto a vivere la sua vita». In mezzo c’è un enigma che nessuno ha ancora risolto: quando un feto si può chiamare uomo.

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