25/02/11

Furia cattolica

La differenza tra gli studenti sul bus e quelli in classe.

Professore confessa pulsioni omicide

 

 

Le Controrifonne di oggi le scrivo in classe, mentre i miei alunni fanno il tema, e

io ne approfitto per gli affari miei. Da questa cattedra, ogni giorno, porto avanti il mio

piccolissimo Concilio di Trento (a Trento ci vivo), con i "protestanti" del presente: anche oggi come allora decisissimi a proclamare il "libero esame", la fine dell'autorità, il rapporto "personale" con le materie... La mattinata inizia sull'autobus: pieno di ragazzi di ogni età che si recano a scuola. Vedo volti addormentati, con le cuffie alle orecchie e il cellulare in mano, che agitano le dita, frenetiche come la musica che gli trapana la testa. Questi giovani tecnologici non hanno spesso neppure il tempo di accendere il cervello, la mattina, che già lo riempiono d'altro. Forse si sono addormentati, la sera, con la televisione accesa, posizionata in camera, per maggior comodità, soprattutto dei genitori: così ognuno fa i fatti propri, senza disturbare l'armonia familiare. Non penso che per molti di loro possa ripetersi quello che accadeva a Ungaretti, quando in mezzo al silenzio, afferrava un concetto, un'idea importante: "Quando trovo una parola/ in questo mio silenzio/ scavata è come un abisso". Devo dire che questo spettacolo mattiniero a volte mi irrita, a volte mi sgomenta. Soprattutto se osservo il volto di qualche ragazzina già conciata come una donna vissuta. C'è, nell'abbigliamento di molte, nel linguaggio volgare, nel trucco eccessivo, qualcosa che urta la mia idea stilnovistica di donna-angelo. Quasi mi aspetto che da qualche volto, ancora così giovane, esca improvvisa la voce stridula di una vecchia; che qualcuna di queste ragazzette, che avrebbero messo in imbarazzo e intimidito il Don Giovanni, si trasformi improvvisamente, come nei dipinti di Bosch, in una maschera deforme. Mi chiedo, mentre giro gli occhi, se questi ragazzi hanno mai ascoltato le favole, dopo i tre anni di età, o se sono passati direttamente ai fangosi reality show, o agli spettacoli immorali di Costanzo, o della De Filippi. Mi chiedo ancora se questi giovani, così senili, all'aspetto, spesso con le mutande che fuoriescono, ostentatamente, hanno mai assaporato l'infanzia, o se qualcuno gliel'ha rubata, insieme all'innocenza, prima del tempo.

Poi arrivo a scuola, e volti simili li ritrovo in classe. Però stavolta sono facce conosciute, a me care, e non riesco a guardarle come sull'autobus. Di fronte a loro non provo più fastidio, ma simpatia, tenerezza, e talora compassione. Se penso alla loro storia, alle vicende della loro vita, mi sento uomo d'altri tempi, innegabilmente migliori, s'intende. Solo quindici anni, fa; per capirci, quando andavo a scuola, di psicologi non c'era traccia: ricordo di non averne mai visto uno, neppure di schiena. Oggi ogni scuola ha il suo bravo psicologo e tedia i professori con aggiornamenti, corsi sulla prevenzione, sul disagio e su mille altri terribili problemi. Corsi che potrebbero essere sostituiti, in massa, con la semplice lettura di un po' di sana pedagogia alla don Bosco. Ebbene, sto guardando i miei ragazzi. C'è una alunna abbandonata dal padre, ancora bambina: facile all'ira, agli sbalzi umorali, "mobile qual piuma al vento". Sicuramente non felice. Parla spesso di cose difficili, che neppure conosco, che forse hanno a che fare col sesso, o comunque con divertimenti sempre della stessa, monotona tipologia. Mi dice che il sabato sera è usanza ubriacarsi: le ragazze, spiega, più ancora dei maschi, perché il mondo evolve veloce. Un'altra ragazza ha l'anoressia: è una delle tipiche malattie moderne, e pare che una delle cause sia la mancanza d'affetto. Penso ai suoi discorsi, e mi sembra di poter confermare: in qualche modo "mancano" i genitori. Poi c'è un alunno, che sino a ieri era molto brillante: da poco il padre ha lasciato la famiglia, con quelle argomentazioni di moda, che non si riescono a riassumere perché non stanno in piedi. Ora lo vedo insicuro, spaventato, scrupoloso sino all'inverosimile.

Occorre proseguire? Chiedo solo se sono questi i frutti miracolosi dei "diritti civili". Eppure ce ne vogliono regalare altri: la pillola abortiva, la droga libera, il diritto a essere figli di omosessuali, di una mamma-nonna, oppure di due genitori che si sono ripudiati, senza neppure preavviso, dopo un pacs trimestrale... Devo assolutamente oppormi: altrimenti tra vent'anni potrei essere uno di quei professori che alla fine, esasperati, prendono un mitra e ammazzano i loro studenti. Solo che io andrei a casa dei genitori e ammazzerei quelli. Mi sono convinto che sia la soluzione più equa.

 

Francesco Agnoli

 

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